Osservatorio dell'Università di Pisa

La ricerca Osservatorio PMI edizione 2020 mostra una crescita nel numero di aziende iscritte al registro delle PMI innovative, 567 aziende tra ottobre 2019 e settembre 2020 in crescita rispetto alle 432 del periodo analogo precedente. Tuttavia, a circa cinque anni di distanza dalla creazione del registro, il numero di PMI innovative appare ancora contenuto rispetto al bacino potenziale: sono poco meno di 1.700 infatti le PMI iscritte dalla creazione del registro, mentre è verosimile pensare che le PMI con i requisiti previsti siano sull’ordine delle decine di migliaia nel Paese.
La crescita del numero di PMI iscritte è limitata nonostante i ripetuti interventi del legislatore sui benefici. Tra gli ultimi interventi si possono ricordare quelli del Decreto 7 maggio 2019 dedicato proprio agli incentivi per le start up e le PMI innovative e quelli previsti nel decreto rilancio dell’aprile 2020.
Quest’ultimo ha stanziato un fondo di sostegno al venture capital con una dotazione di 200 milioni a beneficio esclusivo delle start up e delle PMI innovative. È stata riservata una quota pari a 200 milioni di euro a valere sulle risorse già assegnate al Fondo Centrale di Garanzia per le PMI specificatamente dedicata all’erogazione di garanzie in favore di startup innovative e PMI innovative. Infine, sono stati previsti incentivi alla capitalizzazione con importanti detrazioni IRPEF per gli investitori fino al 50% rispetto all’ammontare dell’investimento.
Peraltro, è opportuno ricordare come alcune delle politiche di incentivo all’innovazione, come il credito d’imposta alle attività di ricerca e sviluppo, l’iper-ammortamento “Impresa 4.0”, il Patent Box, o i voucher “manager dell’innovazione”, non vadano a beneficio esclusivo delle PMI innovative, ma di una platea di aziende più vasta.
La ricerca Osservatorio PMI mostra come la maggior parte delle PMI innovative, circa due terzi, siano di dimensioni ascrivibili alla categoria delle micro-imprese, con un fatturato al di sotto della soglia dei due milioni di euro. Meno del 10% delle aziende è ascrivibile alla categoria delle medie imprese (fatturato superiore a 10 milioni e inferiore a 50), mentre le restanti rientrano tra le piccole imprese (tra i 2 e i 10 milioni di fatturato). Per semplicità e brevità si considera qui solo il parametro fatturato.
L’anzianità media, tra le nuove iscritte è di circa 9 anni. Peraltro, per alcune aziende si potrebbe porre il problema di restare iscritte al registro tra qualche anno, in considerazione dei requisiti più stringenti fissati di recente sulla permanenza tra le PMI innovative. Le PMI innovative sul mercato da più di 7 ma meno di 10 anni possono restare nel registro, qualora non abbiano ancora dimostrato in misura sufficiente il potenziale di generare rendimento.
Indipendentemente dall’età, le PMI innovative che intendono procedere a un investimento iniziale per il finanziamento del rischio – sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l’ingresso su un nuovo mercato geografico – superiore al 50% del fatturato medio annuo degli ultimi 5 anni. Nei prossimi anni potremmo dunque assistere a qualche uscita dal registro in assenza di investimenti.
Tra gli altri elementi “demografici” si segnala che circa il 60% delle aziende possiede dei brevetti in portafoglio. Nell’ambito della compagine proprietaria meno del 10% delle aziende vede una prevalenza di figure femminili, di giovani. Quasi del tutto assente la proprietà straniera.
Le analisi economico-finanziarie sulle PMI innovative con bilanci disponibili nel 2018 e nel 2019 (1098 aziende), sia nuove che vecchie iscritte, evidenziano in generale buoni risultati in termini di fatturato e performance economico-finanziarie.
Le PMI innovative hanno registrato un incremento medio del fatturato del 15% tra il 2018 e il 2019. Se prendiamo in considerazione solo le PMI innovative che hanno avuto un incremento di fatturato, la media è +30%. Il ROA medio si attesta sul 4,78%, mentre il ROS medio è del 4,89%. Il dato è significativo in quanto relativo ad un campione di 1098 aziende, oltre della metà del totale delle PMI innovative iscritte.
Si osserva come il patrimonio netto medio è di circa 1,9 milioni di euro. La media è tuttavia innalzata dalle medie aziende. Infatti, la metà delle aziende ha un patrimonio netto inferiore al milione di euro e l’85% è inferiore a 1,3 milioni.
Per quanto riguarda i settori di attività, tra le nuove iscritte, i gruppi più numerosi sono quello attivi nel settore dell’informatica, nell’elettronica, nei prodotti intermedi, nella chimica e nella farmaceutica e nei servizi non finanziari. Questi settori, che rappresentano insieme circa il 90% delle PMI innovative osservate, sono tra i settori che potrebbero risentire meno della gravissima crisi innescata dal COVID 19 secondo il Cerved Industry Forecast del maggio 2020.
È possibile incrociare i dati della ricerca dell’Osservatorio con le stime del Cerved Industry Forecast, relative all’impatto della crisi COVID sui fatturati delle aziende. In uno scenario soft, per i settori sopra menzionati, assisteremmo ad un calo complessivo medio del fatturato nel 2020 (comparato con il 2019) del 10,41%, con un rimbalzo medio del 10,37% nel 2021 (comparato con il 2020). Complessivamente, comparando in uno scenario soft si perderebbe l’1% circa del fatturato tra il 2019 e il 2021.
In uno scenario hard, per i settori sopra menzionati, assisteremmo ad un calo medio complessivo del fatturato nel 2020 (comparato con il 2019) del 14,97%, con un rimbalzo medio del 15,35% nel 2021 (comparato con il 2020). Complessivamente, comparando il 2019 e il 2021 in uno scenario hard si perderebbe poco meno del 2% del fatturato. Le PMI innovative potrebbero dunque mostrare un buon grado di resilienza alla crisi e mostrarsi pronte allo sfruttamento di opportunità.
Ancora invece tutto da verificare l’impatto della futura entrata in vigore del codice della crisi d’impresa. Il documento del CNDCEC sugli indicatori di allerta delle crisi d’impresa, redatto in applicazione del nuovo codice della crisi d’impresa, prevede l’utilizzo del patrimonio netto negativo e del DSCR (Debt Service Coverage Ratio) inferiore a uno, come indicatori di allerta e viene escluso l’utilizzo del set di indici settoriali previsti per le altre aziende.
IL DSCR è interpretato come capacità prospettica dell’azienda di portare avanti la centrale attività di ricerca e sviluppo, in particolare alla luce del fabbisogno finanziario minimo per la prosecuzione dell’attività̀ di studio e sviluppo del progetto. L’assenza di ricavi ed i risultati economici negativi, di converso, non hanno rilevanza determinante al fine di individuare lo stato di crisi.
Se da un lato, il documento riconosce le peculiarità delle PMI innovative, dall’altro lato, il documento segnala la responsabilità dell’organo di controllo nella valutazione dell’effettiva proiezione innovativa dell’azienda, e del suo impatto sulla performance e sulla continuità aziendale, al di là dell’iscrizione al registro.
Tra le nuove iscritte, 65 PMI innovative hanno un EBITDA negativo. Senza entrare nel merito dei numeri specifici delle aziende, l’EBITDA negativo segnala una situazione critica che può portare ad un DSCR inferiore all’unità ed all’accensione degli indicatori di allerta. Si pensi, ad esempio, che l’EBITDA negativo può essere indice di basso fatturato con peggioramento dell’indice che rapporta oneri finanziari al fatturato stesso. L’EBITDA negativo può inoltre portare ad un drastico aumento degli indici di indebitamento e di struttura corrente.
Per maggiori informazioni, potete contattare Federico Feroci – Partner Bernoni Grant Thornton, Marco Tarasco e Maria Rosaria Spera oppure Giulio Greco – Professore Associato presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Pisa.